Stalking, cyberstalking e pedofilia, un pericoloso intreccio: la storia di “Anna”.

Stalking, cyberstalking e pedofilia, un pericoloso intreccio: la storia di “Anna”.

Anna, nome di fantasia per nascondere la vera identità di una ragazzina di 14 anni, viene pedinata da un ragazzo indiano di 20 anni nel tragitto da casa a scuola. Lui è ossessionato da lei, fino al punto di importunarla sull’autobus, seguirla nei suoi spostamenti e minacciarla per far sì che cedesse alle sue avances.

Dopo le denunce dei genitori della ragazza il ragazzo, che vive come Anna in un paesino della provincia di Parma, viene costretto da un provvedimento dell’autorità giudiziaria a stare lontano dalla ragazzina. Ma lui ne è talmente ossessionato che inizia a contattarla su Facebook, con messaggi in cui le arriva a chiedere persino prestazioni sessuali. Anna lo respinge anche virtualmente ma lui non demorde e le invia un messaggio che mette in allarme sia la ragazza che i genitori: “Verrò da te, voglio vederti. Verrò sempre a cercarti e farai una vita di merda”.

Dalle parole ai fatti molto spesso, soprattutto quando si tratta di uno stalker, il passo è breve: ignorato il divieto di avvicinarsi alla vittima e nonostante i 10 mesi di reclusioni già scontati, il ragazzo si presenta sotto casa della quindicenne. Tanto basta, però, a far scattare l’arresto e a far aggiungere ai 10 mesi altri 4 mesi di reclusione, seppur ai domiciliari.

Una storia come tante queste, in cui oltre allo stalking si profila anche il reato di pedofilia. Infatti, nonostante la lieve differenza di età, Anna è pur sempre una minorenne. E ancora una volta i Social Network si pongono al centro di una polemica che riguarda appunto la relazione tra reati come pedofilia e stalking e questi nuovi mezzi di comunicazione che spesso sfuggono al controllo dei genitori, nel caso in cui a essere coinvolti siano i minorenni.

Oggi, però, i genitori possono stare più sicuri, in quanto è possibile controllare i propri figli sia fuori casa che al computer grazie a strumenti tecnologici efficaci e discreti. Per esempio si potrebbe mettere sotto controllo la vita virtuale della propria figlia con sistemi per spiare PC a distanza o keyhunter, per conoscere tutte le password degli account e poterli monitorare. Oppure, per far sentire la propria figlia più sicura nei suoi spostamenti, le si potrebbe regalare un localizzatore GPS endoacustica. Insomma, tutti strumenti facilmente reperibili sul mercato e dai costi non molto elevati.

Di questi strumenti non ha sentito il bisogno Nicola Brookes, una donna inglese vittima di cyberstalking da parte di anonimi, i cosiddetti “trolls” che, però, ha pensato bene di indentificare a tutti i costi i suoi molestatori, che avevano creato profili falsi a suo nome facendola passare per pedofila, e portare in tribunale il Social Medium, dal quale esige che le vengano forniti i dati dei suoi molestatori. Un caso importante e che potrebbe essere un esempio per quanti hanno delle remore nel denunciare il cyberstalking per paura che la polizia non abbia gli strumenti giusti per combatterlo.

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