Si chiamava Maurizio ed era un padre come tanti anni. Un giorno sua moglie gli ha detto “non ti amo più, te ne devi andare” e, nonostante il dolore provato in questi casi, lui ha preso le sue cose ed andato a stare dall’anziana madre, in quanto disoccupato, lasciando il tetto coniugale alla sua ormai ex moglie e a suo figlio Danilo, 8 anni, proprio per amore del piccolo.
E l’iter giudiziario, fatto di mille cavilli e a volte alquanto paradossale, non solo non gli ha dato ragione, imponendogli di versare il mantenimento per la moglie, che lavora in un call center, e per il figlio ma, in seguito alle denunce della sua ex che, secondo il Tribunale dei Minori di Lecce, avrebbero fatto venire a galla un rapporto “teso e conflittuale” tra i due genitori in fase di separazione, ha stabilito che Maurizio Colaci e suo figlio Danilo avrebbero potuto vedersi una sola volta alla settimana durante un incontro “protetto”, vale a dire presso la sede del Consultorio familiare di Galatina alla presenza degli assistenti sociali, e che avrebbero potuto parlarsi al telefono non più di due volte al giorno in fasce orarie stabilite.
Si chiama mobbing genitoriale questo, è subdolo ed è difficile da provare, anche se strumenti come microspie ambientali e microregistratori Endoacustica possono rivelarsi utili nel registrare le conversazioni con la propria ex.
Ma Maurizio, ingenuo e, per certi versi un po’ ignorante in materia, non ci avrà pensato. Del resto il suo unico pensiero ricorrente era quello di poter passare più tempo con il suo angelo, suo figlio di soli otto anni, affidato alla madre e che ora non ha neppure un padre per due motivi. Il primo è che la giustizia italiana gli ha dato la possibilità di vederlo solo una volta a settimana, il secondo è che il suo cuore non ha retto. Proprio nel giorno di Pasqua, quando avrebbe potuto passare qualche ora in più con il suo piccolo, è stato stroncato da un infarto.
Di mobbing genitoriale, quindi, si può anche morire e a pagare le conseguenze dei continui conflitti tra coniugi in fase di separazione, oltre ai figli, che si trovano tra due fuochi, è anche la parte “mobbizzata”, quasi sempre l’uomo, al quale viene sottratta, in un certo senso, la possibilità di essere genitore, anche se ama profondamente suo figlio e anche se ha una condotta impeccabile.
Non è un caso, infatti, che in Italia, ma anche all’estero (si ricordino, per esempio, le gesta dei padri separati britannici che, qualche anno fa, per rivendicare i loro diritti facevano manifestazioni anche bizzarre per attirare l’attenzione) stiano aumentando le associazioni di padri separati che gridano a gran voce i loro diritti nei confronti dei figli. Per non contare i diversi siti Web nati per lo scopo, i gruppi Facebook per sensibilizzare e condividere il proprio dolore con chi, magari, si trova nella stessa situazione. Un problema, quindi, che richiede non solo una mano sulla coscienza da parte delle madri, che dovrebbero pensare al bene dei loro figli, ma anche interventi giuridici mirati.