Ecco la storia di Alex cosi’ come raccontata da lei stessa:
Negli ultimi due anni, questo pazzo mi ha rovinato la vita, o almeno, la vita che avevo prima. Ha cominciato con telefonate di minacce, fino a giungere a cose come bucare le gomme della mia auto o tagliare i fili del freno. Come se non bastasse, la mattina dello scorso Natale è passato a “salutarmi” ubriaco (o forse drogato) e con una pistola in mano. Delle microspie avrebbe potuto documentare il tutto e aiutarmi a non arrivare a tale situazione
I poliziotti da me chiamati mi hanno chiesto se mi avesse effettivamente MINACCIATO. Ho risposto che per me, impugnare una pistola è già una minaccia di per sé. Alla loro insistenza, ho risposto che non ci sono state minacce VERBALI, non ha detto che era venuto per uccidermi.
Quindi, nessuna minaccia, nessuna denuncia. I poliziotti se ne sono andati e io mi sono resa conto che c’era veramente qualcosa che non andava.
Non ho famiglia, quindi nessuno mi capiva realmente. I vicini rifiutarono di essere coinvolti nei miei affari personali, per paura che il molestatore rivolgesse le sue “attenzioni” verso di loro e che si potessero trovare in prima linea. Fantastico, amici da quattro anni, e quando serve, spariscono in un attimo.
Sulle prime pensai che la sua fosse solo una ossessione quasi infantile, supportata in questo dal mio “esperto” psicoanalista, che diceva che non avrebbe mai avuto il coraggio di aggredirmi fisicamente.
Due mesi dopo, infatti, lo fece. Mi prese da dietro e quasi mi spezzò la spina dorsale. Feci finta di svenire ed allentò la presa, preparandosi a violentarmi, e non si sarebbe fermato neanche se fossi stata morta.
A quel punto riuscii a balzare in piedi e scappare. Nonostante 13 chiamate alla polizia, da parte di vicini che avevano assistito alla scena o udito le mie grida disperate, la volante arrivò soltanto 20 minuti dopo.
I poliziotti lo incriminarono soltanto per percosse semplici. Ero piena di graffi e di abrasioni, avevo i vestiti strappati, l’occhio sinistro quasi chiuso per quanto era gonfio, ed ancora non ricordo (per fortuna!) tutti i dettagli, a parte il fatto che mi ha trascinato per tutta la casa tenendomi per il collo, senza dire una sola parola per tutto il tempo.
Ancora non riesco a togliermi quelle immagini dalla mente, gridavo con tutto il fiato che avevo in gola e sono riuscita a scappare soltanto fingendomi morta quando si preparava a violentarmi (infatti la polizia trovò dei preservativi sulla scena del crimine).
I poliziotti contribuirono ad umiliarmi con fotografie della scena e calpestando tutto quanto avevo in casa, e lasciandomi da sola senza assistenza, semplicemente dicendomi “Lo porteremo in galera”. OK, una buona notizia, ma un po’ di conforto in più non sarebbe stato sgradito.
Poco dopo, cominciai a sentirmi paralizzata sul lato sinistro. Dottori e neurocirurghi furono concordi nel dire che l’aggressione mi aveva quasi reciso la spina dorsale. Mi dovetti sottoporre ad un intervento di neurochirurgia, perché il dolore era qualcosa di inimmaginabile, specie per una persona come me, che ha praticato sport per tutta la vita. Quei giorni ora fanno parte del passato, visto che ho una disabilità parziale permanente.
Pochi giorni prima dell’operazione, mia madre si trasferì da me per aiutarmi nei movimenti più semplici. Passai tutta l’estate imprigionata in un busto, ed il mio peso scese drasticamente da 54 chilogrammi fino a 42. Ovviamente, mia madre doveva tornare alla sua casa e alla sua vita quotidiana, così prima di andarsene mi riempì la casa di abbastanza provviste da nutrire una persona normale per almeno tre mesi.
Le uniche cose che mi hanno permesso di sopravvivere sono state la mia autostima, i miei gatti, e la gratitudine per essere sopravvissuta ad un’operazione molto rischiosa. Ero e sono ancora furiosa perché lui è stato incriminato solo per percosse semplici piuttosto che tentato omicidio o almeno percosse gravi. Nonostante tutto questo feci tutta la trafila delle deposizioni e poco prima del processo dovetti essere ricoverata per un attacco di stress, col battito cardiaco che non scendeva sotto le 170 pulsazioni al minuto.
In tribunale, decisi che la mia vita valeva molto di più che farlo finire in carcere o sotto tutela, per cui acconsentii a lasciarlo in libertà sotto cauzione. Subito dopo, mi fece picchiare da due suoi amici e pochi giorni dopo venne lui stesso a cercarmi.
Per fortuna mi ero appena trasferita in un nuovo quartiere, con dei poliziotti molto rapidi che arrivarono 90 secondi dopo la mia chiamata.
Ora lui si trova in prigione senza possibilità di uscirne; io ho perso moltissimo da tutta questa storia, ma sono orgogliosa di non aver perso la sanità mentale. Le accuse nei suoi confronti ora sono molto più pesanti: stalking aggravato ed una serie di reati accessori quale la violazione dell’ordine restrittivo, ed oltraggio alla corte.
Ho un buon tenore di vita e lavoro in proprio. Ovviamente, tutti i guadagni dell’ultimo anno se ne sono andati, ma sono piena di speranze. Il mio aggressore ha passato Natale, Capodanno, il suo compleanno ed il mio in carcere, e sarà così per molti anni a venire. Ora grazie ad aiuti medici e psichiatrici mi sento meglio e ho ricominciato anche a muovermi, così da poter ricominciare presto a lavorare e guadagnare bene.
Non ho perso la fede in me stessa e la mia autostima, anche se nessuno capisce dove possa averle trovate. Quello che ha un problema, ora, è lui. Io sono sopravvissuta ad un crimine violento e sono pronta per incontrare una persona nuova, perché so che non tutti gli uomini sono malvagi come lui, che non considero nemmeno umano. Presto, anche se non ora, incontrerò la persona giusta con cui mettere su famiglia.
Le mie ferite e la mia paralisi sono praticamente impossibili da vedere, e ormai ho imparato a recitare in maniera molto convincente per far credere agli altri che vada tutto bene, ma sono perfettamente normale e felice, e anche se la mia famiglia mi ha abbandonata, I miei gatti sono sempre con me e la mia nuova vita è pronta per essere vissuta.