Una volta terminato un colloquio di lavoro è ormai abitudine che sia il titolare che l’intervistato corrano su facebook o altri social network per indagare su attitudini, usi, preferenze dell’interlocutore. “Curiosare” sarebbe il termine più appropriato a definire questa usanza consolidata che mira ad ottenere quante più informazioni possibili sul soggetto da assumere o, dall’altra parte, sulla persona su cui fare colpo.
La legge ha ribadito negli ultimi giorni che nessun datore di lavoro può intimare ad un dipendente, in sede di colloquio di lavoro, di accedere ai suoi profili social, magari con la scusa di valutare attitudini e predisposizioni nella gestione de proprio profilo.Nessuno vieta però di osservare ciò che è pubblico.
In California è entrato in vigore il Social Media Privacy Act, la legge USA più importante riguardante i nuovi scenari digitali, a difesa dei diritti di lavoratori e studenti. Nonostante lo stupore di molti, la legge prevede che il boss possa accedere agli account privati nel caso di sospetta cattiva condotta del dipendente. La Aclu, storica associazione americana per i diritti civili, ha fatto notare che la legge non tutela i giovanissimi, gli studenti, che spesso ricevono numerose richieste di accesso da parte del personale della scuola frequentata. Aperta la questione sulla possibilità del capo di “entrare” negli apparecchi elettronici in dotazione ai dipendenti.
In Italia non esiste una normativa che regoli specificatamente il controllo dei profili social; esiste solamente il divieto di indagini sulle opinioni politiche, religiose, sindacali, o comunque non attinenti al lavoro. Ma questo non crea molto interesse da parte degli amministratori delle aziende.
Secondo un servizio del New York Times, i dipendenti americani possono intravedere nei social network un posto sicuro in cui esprimersi liberamente e senza timore, anche in caso di critiche ai danni del capo.
A conferma di ciò, il National Labor Relations Board, un’agenzia del governo di Washington che sorveglia la correttezza delle relazioni industriali, si è pronunciato a favore dei lavoratori sulla delicata materia dei comportamenti in rete dichiarando, tra l’altro, illegali le restrizioni imposte all’uso dei social media.
Dunque se da un lato si vogliono porre delle restrizioni nell’uso dei social, dall’altro il controllo dei dipendenti risulta spesso impossibile. Molti imprenditori, date le continue notizie di fuga di dati riservati e spionaggio industriale, hanno fatto ricorso a particolari strumenti per il controllo dei pc a distanza o hanno installato sistemi di videosorveglianza che a volte riescono ad identificare fino a 36 milioni di immagini al secondo!
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