Infedeli, attenzione! Il tradimento online per i giudici è una prova!

Infedeli, attenzione! Il tradimento online per i giudici è una prova!

Diversi sono, negli ultimi mesi, gli articoli che si sono susseguiti su diversi siti e giornali cartacei su “Facebook sfascia-famiglie”: il social network, infatti, sarebbe, secondo una ricerca inglese, causa di divorzio in più del 20% dei casi nel Regno Unito, anche se le stime sarebbero applicabili anche alla realtà italiana.

Giunge, però, un avvertimento agli amanti del tradimento online: in ambito strettamente giuridico la dottrina più recente ritiene che la violazione del dovere di fedeltà si configuri anche nelle ipotesi di infedeltà sentimentale e addirittura di quella apparente. Quindi, anche qualora non si consumi realmente e fisicamente il rapporto, si può parlare di tradimento e, pertanto, il coniuge infedele vedrebbe addebitarsi la separazione.

“Emotional affairs” in inglese, “infedeltà emozionale” in italiano, termini che comprendono tutti quei rapporti che nascono sul web, all’inizio come semplici amicizie e, sempre rimanendo in un ambito prettamente virtuale, arrivano ad un coinvolgimento virtuale più forte, creando una vera e propria vita parallela. Senza considerare il fatto che, in diversi casi, sfociano in incontri in carne ed ossa, ma non necessariamente.

Secondo gli esperti, sempre più uomini, e in misura minore anche donne, cercherebbero in un “compagno online”, un nuovo modo di essere, che magari nella realtà non possono realizzare. Cercherebbero anche un/una confidente, in grado di capirli ed entrare in sintonia con loro, specialmente se il rapporto ufficiale, quello reale, è in crisi.

Sarebbe più facile, infatti, parlare ad uno sconosciuto dei propri problemi per svariati motivi, tra cui l’anonimato, la sicurezza che darebbe lo schermo, una minore paura di essere scoperti e la sensazione che quello che si sta facendo è solo parlare e non costituisca una violazione al sacro vincolo del matrimonio.

In realtà non è proprio così perché, secondo l’avvocato Laura Vasselli, esperta in diritto di famiglia, “la corte di Cassazione, che non è fonte di diritto ma crea orientamento sull’interpretazione della legge, ha stabilito che si può avere addebito se si dimostra che per almeno due anni un coniuge frequenta un’altra persona venendo meno ai doveri coniugali. Se si raggiunge e si dimostra un nesso di consequenzialità tra la crisi coniugale e la presenza di qualsiasi altra “distrazione”, vi può essere l’addebito. Il punto, dunque, non è tanto il tradimento, che potrebbe rappresentare a livello di relazione solo un momento di rabbia, ma il social network crea degli affetti stabili e quindi una continuità che crea delle vite parallele”.

E se si considera che per scoprire questo genere di tradimento sempre più persone, donne soprattutto, ricorrono a strumenti per scoprire le password dei propri partner, come i keylogger, allora ci si rende conto di quanto la rete stia inevitabilmente complicando i rapporti tra persone che, nel bene e nel male, devono fare i conti con il proprio alter ego virtuale.

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